Passaggio Generazionale: il presente al servizio del futuro
Il passaggio generazionale è una tappa inevitabile e naturale della vita aziendale, tuttavia questo momento deve essere la conclusione di un processo e non il principio. Tale percorso deve partire dalle radici favorendo la maturazione personale e professionale del successore, oculatamente designato ed individuato per tempo. Ciò permette allo stesso di entrare a piccoli passi nell’azienda e garantisce, in un futuro più o meno prossimo, la continuità aziendale attraverso il passaggio di testimone.
Questi step che fanno tutti parte di un’attenta e organizzata pianificazione successoria, possono sembrare banali, ma il contesto economico italiano dimostra tutt’altro: l’osservatorio Aub promosso da Aidaf e Università Bocconi esplicita che solo il 9% dei casi prevedono un attento studio e pianificazione del passaggio generazionale. Dato assai critico se si considera che più del 90% delle imprese italiane è a carattere familiare (65% delle quali con più di 20 milioni di fatturato) e meno del 15% riesce a mantenersi in vita dopo le terza generazione.
L’importanza del passaggio generazionale
Si sa, per l'imprenditore il primo figlio è la propria impresa, alla quale vengono dedicati più tempo, risorse ed attenzioni e per questo nella maggior parte dei casi i titolari non sono avvezzi all’idea di cedere la gestione. Tanto che nelle aziende familiari, come nella maggior parte delle imprese italiane, si registra una elevata percentuale di leader sopra i 70 anni: il 29% contro il 7% registrato in Germania. I motivi, e timori, che possono portare l’imprenditore a procrastinare nel tempo questa importante fase della vita aziendale sono molteplici: ad esempio timore di rimanere senza nulla da fare, penosa prospettiva di abbandonare la propria creatura, paura che l’azienda non sopravviva, difficoltà di scegliere il successore. Tutte motivazioni che possono consigliare prudenza e cautela, ma che sono in realtà la causa, insieme all’assenza di regole condivise di governance e di una consapevole pianificazione, del dato che più mi ha colpito: il 13% delle aziende non sopravvive alla terza generazione. E’ importante essere proattivi ex-ante per non aver paura ex-post.
Ecco un grafico elaborato da AIFO che mostra esattamente il tasso di sopravvivenza delle imprese passando da una generazione a quella successiva.
Allora cosa fare?
Secondo il “Censimento permanente delle imprese 2023” dell’ISTAT circa il 10% delle imprese analizzate ritiene di dover affrontare il passaggio generazionale tra il 2023 e il 2025, percentuale che si alza fino a quasi il 20% se consideriamo le Pmi. Se a ciò aggiungiamo che su 34 passaggi generazionali analizzati dal Centro di Ricerca sulle Imprese di Famiglia (Cerif) il 12% ha avuto un esito negativo e il 17% circa è ancora in atto, capiamo che la pianificazione di questa fase cruciale diventa di fondamentale importanza strategica.
La successione non sempre si chiude con successo per molteplici cause che possono essere ricercate, ad esempio, nella gestione non efficiente delle comunicazioni agli stakeholder, nel mancato rispetto dei ruoli degli amministratori, oppure differenze di vedute tra successori e imprenditori. Quando l’impresa è familiare, soprattutto se si tratta di una Pmi, è importante anticipare e neutralizzare i contraccolpi del processo successorio: clienti, dipendenti, fornitori, finanziatori non sanno cosa succederà e richiedono certezze e garanzie per il futuro; vogliono che l’azienda sia condotta a dovere.
Per queste motivazioni è di vitale importanza per l’azienda gestire con lungimiranza il passaggio e per farlo si può optare per diversi strumenti a seconda delle esigenze. Ovviamente è possibile trasferire il patrimonio mediante testamento (anche se poi così ovvio non sembrerebbe dato che il 95% delle successioni si apre senza testamento), però questo strumento può essere soggetto ad impugnazione con conseguenti litigi tra eredi e danneggiamenti del patrimonio. Pertanto al fine di garantire un fluente passaggio generazionale possono essere privilegiati strumenti che anticipano il trasferimento del patrimonio aziendale a quando il proprietario è ancora in vita:
Trust: consente di separare e segregare il patrimonio di un soggetto, detto disponente, sottoponendolo al controllo e alla gestione, per il raggiungimento di uno scopo specifico, di un terzo, il trustee, nell’interesse di uno o più beneficiari. I beni in Trust, in questo caso specifico l’azienda, costituiscono una massa distinta e separata dal patrimonio del trustee e quindi non sono aggredibili dai creditori del trustee, né tantomeno dai creditori del disponente. I beni sono così isolati, anche dai creditori personali dei beneficiari, fin tanto che non verranno trasferiti dal trustee ai beneficiari, che sono impossibilitati ad ottenerli e disporne prima dell’avverarsi delle condizioni indicate nell’Atto di Trust.
Dunque il Trust diventa una opzione laddove la volontà dell’imprenditore sia quella di proteggere l’impresa da vicende pregiudizievoli della famiglia e viceversa, ma anche nel caso in cui si voglia tutelare la società da eredi che possono non essere momentaneamente pronti a prenderne le redini, per esempio stabilendo le condizioni per cui il trustee amministra la società finché gli eredi non saranno pronti ad assumerne il controllo.
Patto di famiglia: una delle regole per un corretto passaggio generazionale è non forzare i figli a fare gli imprenditori, se hanno altri interessi è meglio farli restare azionisti e tenerli lontano dalla governance. In Italia vige il divieto di patti successori: è nullo ogni atto con il quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinuncia ai medesimi (art 458 c.c.). Nonostante ciò la legge n. 2006 ha introdotto una importante deroga, inserendo il nuovo articolo 768-bis del Codice Civile: un’impresa o una società può essere assegnata ad uno o più discendenti purché gli altri eredi che hanno diritti di successione legittima vengano liquidati per la loro quota di pari valore dell’impresa assegnata. Si prevede così il passaggio in vita dell’impresa familiare evitando rinvii nelle decisioni che riguardano la sfera imprenditoriale della famiglia. Il patto di famiglia, dunque, è un contratto stipulato tra tutti coloro che sarebbero i legittimatari con cui l’imprenditore trasferisce l’azienda, o delle partecipazioni societarie, assegnando la gestione ad alcuni e liquidando gli altri, evitando così dispute legali tra gli eredi.
A differenza della donazione, il patto di famiglia non è sottoposto a collazione. Al fine del computo dell’eredità è necessario ripristinare l’intera massa ereditaria e ciò viene fatto tramite l’atto di collazione. Con essa gli eredi conferiscono alla massa ereditaria tutti i beni e immobili ricevuti dal disponente quando era in vita così da permettere che la divisione avvenga rispettando le quote di legittima. Il patto di famiglia, a differenza dell’atto di donazione e del testamento non può essere soggetto a collazione, pertanto può essere impugnato solo per vizio del consenso. Col patto di famiglia in definitiva si possono evitare, ponendo nero su bianco, eventuali contestazioni della successione.
Holding di famiglia: L’impresa familiare che cresce può sviluppare delle complessità che richiedono separazione fra entità societarie dedicate all’operatività ed entità societarie con funzione delle istanze proprietarie, a tal riferimento un’interessante alternativa può essere data dal trasferimento delle quote della società di famiglia in una holding di cui siano soci i coeredi. Le holding permettono di isolare le vicende della famiglia da quelle operative delle aziende del gruppo, riducendo possibili ripercussioni negative derivanti da disaccordi fra soci, di costituire un patrimonio distinto, di immettere attori terzi, soci non interni alla famiglia, nelle società operative senza interferenze negli “affari di famiglia” che riguardano la proprietà della holding, riuscendo così a valutare la competenza più dell’appartenenza.
Oltre a ciò si può beneficiare di importanti vantaggi fiscali:
Assegnando il 100% delle quote di partecipazione, pro indiviso, ai figli, e quindi garantendo il passaggio del controllo, è possibile godere di una esenzione del 100% della tassa di successione, a patto che i figli mantengano l’attività per almeno 5 anni;
In caso cessione di unità operative, grazie al Beneficio PEX, le plusvalenza sono tassate al 1,24% rispetto al 26% di tassazione della persona fisica;
Le distribuzioni di dividendi alla holding è tassata al 1,24% anziché al 26% delle persone fisiche;
E' consentita l'esenzione o riduzione dell’imponibile delle imposte di successione e donazione.
Casi di successo e di insuccesso
Come un investimento che si rispetti anche per il passaggio generazionale ci vogliono lungimiranza, pazienza e fatica; solo così facendo è possibile trasmettere ed insegnare agli eredi l’arte di fare impresa, capire il contesto economico e competitivo in cui si dovranno immergere, e perché no, portare in azienda quel cambiamento che permetta alla stessa di innovarsi e proliferare. Senza innovazione non ci sarebbe né tradizione né futuro.
Olivetti era una storica azienda italiana nota per la produzione di macchine per scrivere, calcolatrici e computer. Dopo la morte del fondatore Adriano Olivetti, nel 1960, la guida dell’azienda è passata a diverse figure di leadership con visioni e strategie contrastanti. Questa mancanza di un filo conduttore, di coerenza, ha portato all’indebolimento dell’azienda e alla perdita di posizioni di mercato. I successori non sono riusciti a gestire efficacemente i cambiamenti nel settore tecnologico e ad adattarsi alle nuove tendenze. Ciò ha portato ad una progressiva perdita di competitività e, alla fine, alla vendita e disgregazione dell’azienda. Chiaro esempio di come il passaggio generazionale richiede una pianificazione attenta, una preparazione adeguata dei successori e una gestione efficace dei conflitti interni.
Un esempio virtuoso invece è il caso Luxottica, azienda italiana leader mondiale nel settore degli occhiali. In questo caso il passaggio generazionale è avvenuto con successo nella famiglia Del Vecchio, fondatrice dell’azienda. Dopo la creazione di Luxottica nel 1961, Leonardo Del Vecchio ha guidato la sua impresa verso il successo internazionale. Successivamente ha coinvolto i suoi figli nella gestione dell’azienda, preparandoli con competenze e formazione adeguate. Oggi, infatti, Luxottica continua ad essere un punto di riferimento nel settore.
Conclusioni
Nei prossimi anni il passaggio generazionale interesserà gran parte delle aziende italiane. Nonostante ciò rimane un tema che spesso non viene affrontato con la giusta attenzione, si sa l’imprenditore è sommerso da incombenze e scadenze ogni giorno, il presente fa ombra al futuro; tuttavia il passaggio generazionale in azienda è un processo pluriennale che richiede molteplici adempimenti amministrativi, giuridici, fiscali, senza dimenticare il peso considerevole della componente psicologica delle persone coinvolte. Come l’impresa, anche gli eredi vanno preparati per tempo.
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